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IL PALIO DI SANT'AGNESE
Perchè il Palio di Sant'Agnese



Palio è oggi Siena. In passato, anche lontanissimo, i palii (non necessariamente corse di cavalli) rappresentavano la magnificenza di città come Firenze, ma anche come L’Aquila che non volle mai signorie per godere delle libertà civiche.

E proprio ispirandosi a queste singolari gloriose tenzoni che, dal 2004, il Pianeta Maldicenza si è proposto di esaltare la tradizione, tutta aquilana, del “culto laico” di Sant’Angese che significa “dire il male” e non “dire male”.


Di qui, allora, l’idea di portare linfa nuova al “Concorso popolare d’arte varia”, la tenzone tra “lavori” che sprizzino la vera maldicenza Agnesina (cioè rispondente alla definizione di “satira, critica mordace e coraggio di dire il male”), preferibilmente in quel dialetto, almeno nella forma nobile scritta, che va purtroppo scomparendo. Un’idea frutto dello sforzo del Gruppo di Lavoro Interconfranternite nel quale sono rappresentate le Nove Confraternite che rappresentano il nucleo originario che ha dato vita, nel 2004, alla manifestazione Pianeta Maldicenza voluta dall’Associazione culturale “Confraternita dei ’devoti’ di Sant’Agnese”.

Come invogliare a infilarsi tra i “canapi” (le giurie), i migliori cantori dell’aquilanità e gli eredi di quel Mario Lolli che dei “cantori popolari” e dell’aquilanitas è stato l’ultimo a trasformare quel che scriveva in arte?

Le Confraternite, che oggi sono oltre duecento (censimento per difetto) in città e nei “castelli” limitrofi, sono state sollecitate, nel rinnovato bando di concorso, a scegliersi un “aedo dell’aquilanità” (un cavallo si direbbe a Siena) per conquistare il “Palio di Sant’Agnese”, entrato per la prima volta nella tenzone, e il tradizionale “Agnesino” che, come in passato, va all’autore del componimento vincitore. Il Palio sarà custodito per un anno dalla Confraternita vincitrice a testimonianza del suo successo per riconsegnarlo a chi vincerà il prossimo anno.

Il poeta francese Lamartine scelse l’emblema dell’“aquila sanguinante del Campidoglio” per dire della Roma conquistatrice. L’architetto Giuseppe Santoro, sulle note storiche di Amedeo Esposito, ha scelto “l’aquila delle libertà civiche” aquilane per dare forma e sostanza al “Palio di Sant’Agnese”.

Il perché è ben detto appresso.